lunedì 16 luglio 2007

"L'Ospite" Romanzo di Giorgio Bompiani

Qui puoi sapere di più questo libro. E di seguito puoi leggere il primo capitolo


1. L’arrivo

L’esile fiammella improvvisamente si accese anche se molto debole.

Mario gradualmente riprese la coscienza di sé grazie al dolore che provava in tutto il corpo. La sua mente cominciò a cercare di prendere contatto con la realtà esaminando lentamente ed accuratamente le sensazioni che provenivano dal corpo dolorante.

Si rese anche conto della strana assenza di rumori e di luce.

A questo punto aprì gli occhi e sì, un po’ di luce c’era.

Pensò che doveva essere quasi l’alba e si rese conto di essere all’aperto, disteso su un terreno erboso e deserto e questo spiegava il silenzio.

Con un po’ di angoscia cominciò allora a domandarsi cosa faceva di notte in mezzo alla campagna.

Si gira nel letto stranamente duro ed aprendo gli occhi vede la stanza illuminata da una leggera luminescenza verde.

Si mise a sedere e pian piano il dolore che provava in tutto il corpo si attenuò. In particolare la diminuzione del mal di testa gli andava restituendo la lucidità.

Ora ricordava: stava tornando a casa dopo un viaggio in macchina. Era in autostrada ed era il tramonto di una brutta giornata piovosa e temporalesca, anzi era in corso un violentissimo nubifragio.

-“Non ero particolarmente nervoso o distratto nella guida, le liti con Francesca come quella della mattina mentre partivo, purtroppo sono routine e non mi impressionano più di tanto.
Ma se ho avuto un incidente dov’è l’autostrada? e la macchina? Se fossi stato sbalzato fuori in un incidente passando la notte sotto la pioggia, dovrei essere fradicio. Invece ho i vestiti asciutti, ho solo questo strano dolore ma nessuna ferita anzi ho anche un po’ d’appetito e soprattutto molta sete.”

Dopo qualche minuto Mario fu in grado di alzarsi in piedi e non sapendo che fare, istintivamente cercò in tasca il cellulare per telefonare alla moglie.

Francesca gli rispose subito con un tono di voce che denotava grande agitazione:

–“Mario, ma dove sei? Che è successo? Quante volte in 20 anni ti ho chiesto di non farmi stare in ansia? ma a te importa solo di te stesso. La polizia stradale ha trovato la tua macchina colpita da un fulmine ma tu per fortuna non c’eri. Non potevi farmi sapere qualche cosa? Non ti immagini cosa ho passato?”

– “Aspetta Francesca non aggredirmi, sono in mezzo ai campi da qualche parte e sto bene ma non ricordo niente, devo essere svenuto. Non so dove sono, l’autostrada non si vede e tu mi domandi perché non mi sono ricordato di farti rapporto! Ma io sono preoccupato e spaventato, ma ti rendi conto della mia situazione?
Comunque non stiamo a fare polemiche il telefono è scarico e sta per perdere il segnale. Ti chiamerò quando arriverò da qualche parte.”

–“Mario, mi dispiace, sono stata io a scaricarlo. Ti ho chiamato tanto, ha squillato tutta la notte, lo sai che quando non ho notizie mi agito.
Pietro e Giovanni non andranno a scuola voglio che mi siano vicini, ho avuto tanta paura, ma come è possibile che tu non sappia dove sei? Hai chiesto a qualcuno? Ma andavi forte? Non sarà che ti sei addormentato al volante come quella volta che a momenti ci rimettevamo la pelle?
Richiama appena puoi che ti vengo a prendere. Fammi sapere se .....”

La comunicazione era caduta di colpo e Mario suo malgrado, si sentì quasi sollevato.

Era sposato con Francesca donna molto energica da una ventina d’anni, la sua pigrizia e la poca voglia di affrontare continue discussioni lo avevano gradualmente indotto ad appoggiarsi a lei per tutte le questioni pratiche della vita.

Di Francesca erano infatti tutte le scelte fondamentali come quella di abitare in campagna. Mario come sempre non aveva contrastato il desiderio di Francesca preferendo adattarsi allo spostamento giornaliero in macchina da casa al suo ufficio in centro.

–“Già Francesca”, pensò, “quando fa così non la sopporto, non si sa ancora che è successo e lei già dà la colpa a me tanto per non rimanere indietro.
Mi fa quasi rabbia doverle riconoscere la qualità di sapersi organizzare di fronte agli imprevisti. Ha un senso pratico istintivo ed efficiente e trova sempre le soluzioni.
Per questo forse mi farebbe comodo che fosse qui anche lei, ma pensa che tormento mi darebbe per evidenziare le mie colpe e dirmi cosa devo fare.”

–“E adesso che faccio? a chi domando? non c’è nessuno. Se almeno avessi una maledetta batteria di ricambio, ma no Francesca è contraria.”

–“A che ti serve se hai il caricabatteria in macchina?”

–“Se per una volta avessi fatto di testa mia ora non sarei in un guaio del genere, maledizione!”

Mentre Mario era assorto in questi pensieri la luce dell’alba aveva cominciato ad illuminare il paesaggio. Notò allora e riconobbe una collina con un profilo caratteristico che conosceva bene: la costeggiava ogni giorno sul lato sinistro percorrendo l’autostrada.

Scostando la pesante tenda vede il profilo della collina.

Alla fine della collina c’era il ponte e dopo il fiume, vicino alla riva destra il piccolo centro residenziale dove Francesca lo “aveva obbligato a vivere”, pensò con rabbia.

Ora che sapeva dov’era e si sentiva più tranquillo tornava infatti ad essere risentito contro Francesca.

Mario si costrinse a non preoccuparsi più di tanto per non vedere l’autostrada.

-“Andrò a piedi, ci vorranno un paio d’ore.”

E si incamminò in direzione del fiume con la collina sulla destra.

Durante il cammino vide bestiame al pascolo e contadini al lavoro in lontananza. Troppo lontani per pensare di andare a chiedere informazioni. Fortunatamente non faceva freddo e non c’era traccia del nubifragio della sera precedente.

Tuttavia soffriva molto per la sete e si sentiva sfinito. Mentre si domandava se avesse abbastanza forze da investire in una lunga deviazione per chiedere un po’ d’acqua ai contadini che aveva visto, si imbatté in un fontanile per abbeverare il bestiame.

Finalmente poté dissetarsi a volontà bevendo direttamente dalla cannella da cui sgorgava acqua freschissima. Ora si sentiva bene ed, a parte il naturale appetito, non avvertiva più alcuna sofferenza residua di quanto gli era accaduto. Riprese quindi il cammino di buon passo.

Arrivando al fiume Mario si fermò perplesso. Si era aspettato di vedere l’autostrada che traversava il fiume sul suo splendido ponte ad una sola arcata. Invece alla sua destra proprio alle pendici della collina su cui si era orientato c’èra un ponte molto ardito sì, ma completamente diverso.

Il ponte era molto stretto, ad una sola carreggiata, e poggiava su arcate alte e slanciate costruite con blocchi di pietra e disposte su due ordini sovrapposti. Pur restando sbalordito non gli rimase che raggiungere e percorrere la strada bianca e polverosa che passava sul ponte.

Mentre camminava, istintivamente per distrarsi da cose come la sparizione dell’autostrada e del ponte di cemento che ricordava benissimo, tornò a rimuginare i suoi rancori verso Francesca. Le colpe di Francesca erano un terreno solido e ben conosciuto, lì si muoveva a suo agio e senza incertezze.

Traversato il ponte, senza ancora incontrare ne’ passanti ne’ mezzi di trasporto, vide in lontananza il centro residenziale in cui abitava: “Il colle delle querce”.

Mario, pur non vedendo le querce che avevano dato il nome al piccolo centro, cominciò a seguire a passo spedito la diramazione della strada che sembrava dirigersi là.

La sua biblioteca è di legno elegantemente intagliato ed invece di libri contiene fascicoli legati con laccetti multicolori.

Man mano che si avvicinava notava altri particolari che apparivano strani. Ricordava benissimo la linea elettrica che deturpava il paesaggio, ma non riusciva a vederla. Vicino all’abitato, che appariva più piccolo di quanto ricordasse, c’erano alcune tettoie all’interno di un grande recinto in cui pascolavano numerosi cavalli.

–“Strano che non l’abbia mai visto prima, eppure avevo cercato un maneggio per fare un po’ di sport”, si disse Mario.

Ma arrivando a casa sua la vide di un colore diverso, senza la parabola della TV e le imposte verdi che ricordava di aver lui stesso appena ridipinto. Il muro di cinta non era interrotto dal solito cancello a due larghi battenti ma da una porta di legno relativamente stretta dipinta di verde che ancora odorava di vernice.

Mario non riusciva più a costringersi ad ignorare queste differenze con il suo patrimonio di ricordi e cominciava a provare un vago senso di panico.

Immaginò di essere stato in coma a lungo, ma allora come era finito in un campo vestito esattamente come ricordava di essere prima di quel misterioso incidente? Ed il cellulare ancora carico? E poi Francesca gli aveva confermato che era trascorsa solo una notte.

Come era stato possibile fare tutti quei cambiamenti in una notte?

Nella sua situazione la cosa più ovvia era quella di prendere contatto con gli abitanti di quella casa che avrebbe dovuto essere la sua, ma mentre cercava invano la serratura o il campanello per suonare, udì uno scatto e la porta si socchiuse.

Claudio aveva dormito malissimo, anzi praticamente non aveva dormito. La sera prima improvvisamente aveva provato come un senso di vertigine e da quel momento si sentiva come se qualcuno lo telelogasse in incognito.

Questa pratica era ora proibita a causa dei gravi inconvenienti che aveva provocato. La Delegata alle Comunicazioni era molto severa in merito e da anni Claudio non veniva a conoscenza di abusi. Per tale motivo non pensava che si trattasse di questo, quanto forse di qualche adolescente inesperto.

Poi a tratti gli sembrava di percepire una corta melodia che si ripeteva ossessivamente per dieci o quindici volte e poi faceva una lunga pausa.

Era certo di non sentirla con le orecchie ma in via subliminale, infatti Teresa accanto a lui dormiva tranquillamente, e quindi doveva esserci qualcuno che lo comunicava insistentemente ma in modo estremamente maldestro.

E perché poi aveva tanta sete? Non ricordava di essersi mai alzato di notte per bere e questa notte era già la seconda volta.

Quando, dopo molte ore, si era finalmente assopito, improvvisamente aveva avvertito una specie di esplosione nella mente ed aveva cominciato a provare un tale senso di angoscia che aveva dovuto alzarsi molto prima delle sue normali abitudini.

Andò infatti alla finestra e, tirando di lato la pesante tenda da notte, vide che stava per spuntare l’alba e la collina oltre il fiume cominciava appena a intravedersi.

Volgendo lo sguardo nella stanza si soffermò sulla figura indistinta di Teresa che dormiva respirando profondamente.

Il respiro pesante di Teresa addormentata da sempre gli dava un senso di tenerezza e decise di non svegliarla per parlarle delle sue strane angosce.

Ancora quella incredibile sete, eppure aveva mangiato come al solito, non riusciva a spiegarsela, anche questo cominciava ad innervosirlo.

Non si sentiva di tornare a letto ne’ di andare al lavoro, così si rifugiò nel suo studio deciso almeno a portare avanti la sua ricerca privata per quella benedetta pubblicazione che sembrava essere sempre più lontana.

Più tardi, ad un’ora decente avrebbe telelogato Daniela, la sua segretaria per informarla. Daniela sapeva essere un filtro ottimo e gli avrebbe indirizzato solo le cose veramente urgenti.

A fronte delle sue grandi responsabilità come Dirigente Superiore della maggiore fabbrica di concetti del Paese, aveva almeno il vantaggio di potersi assentare per recuperare rapidamente quando il suo stato psichico non gli consentiva di essere al meglio.

Gradualmente si calmò, la sua sensazione di angoscioso disagio cominciò ad attenuarsi man mano che si immergeva nello studio dei suoi fascicoli.

Come sua abitudine quando lavorava, si concentrò totalmente perdendo la nozione del tempo e tornando bruscamente alla realtà quando Teresa venne a salutarlo prima di andare all’Università.

Claudio alzò lo sguardo dai suoi fascicoli e vide subito che Teresa, per dirla come scherzosamente facevano fra loro, aveva già indossato la maschera universitaria. Teresa col pensiero era già all’Università, era già al lavoro.

Claudio quindi non disse niente alla moglie del suo malessere e delle strane sensazioni che aveva provato, rimandando alla sera il racconto. Pensava anche che, durante la giornata, avrebbe potuto fare qualche riflessione in merito e forse la sera sarebbe stato già tutto risolto.

Andò avanti così nel lavoro per un tempo che non avrebbe saputo valutare, quando improvvisamente percepì una presenza sconosciuta ed al tempo stesso con qualche cosa di stranamente familiare alla porta del giardino che dava sulla strada.

Meravigliandosi che i due cagnolini di Teresa non si fossero messi come al solito in grande agitazione, si affacciò alla finestra e li vide schiacciati a terra con le orecchie e la coda bassi palesemente impauriti.

Claudio, pur non riuscendo a percepire di chi si trattasse, incuriosito azionò la leva di apertura. Vide la porta socchiudersi adagio e poi vide ... se stesso affacciarsi lentamente e sbirciare all’interno.

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