2.1 LA LOGICA COME GUIDA
Come avete già potuto notare la mia mente è pragmatica. Ancor più che un concetto scientifico, ciò che guida tutti i miei ragionamenti è la logica.
Logica intesa come connessione congruente di elementi considerati provati , che quindi alla fine è parente stretta dell’intelligenza.
La logica è l’unico mezzo che ho trovato possibile per individuare soluzioni che non mi lascino nell’irrequietezza.
La cosa sembra scontata. Chi, in realtà, prende decisioni illogiche ? Ai nostri occhi solo un pazzo. Quindi in realtà tutti noi, normalmente, quando ci prendiamo il tempo di pensare alle cose, assumiamo decisioni logiche, quello che forse è mediamente maggiore in me è solamente l’intensità e profondità della logica che provo a mettere nelle mie costruzioni mentali.
Nei miei pensieri mi sforzo di non abbandonare mai la logica, non mi accontento di trovare spiegazioni preparate da altri o da me che sembrano avere un senso, se tali spiegazioni non collimano con la logica generale che mi sono costruito, allora mi concentro nel modificare la spiegazione o le logiche precedenti.
Sarò forse a corto di idee, ma non vedo altro mezzo che l’utilizzo della logica.
2.2 LA LOGICA ASSOLUTA
Il provare a sostenere che possa esistere una logica assoluta e indiscutibile, è come sostenere che possa esistere la verità assoluta o la giustizia assoluta. Non esiste la logica assoluta, in fondo la logica non è altro che rette che uniscono dei punti, ciascuno può avere i propri punti e unirli in modo diverso. Capita infatti spesso che non condividiamo le idee di altri, ma le capiamo, noi stessi in momenti diversi cambiamo sovente opinione sulle stesse cose, ma non per questo siamo sempre illogici nel farlo, molto più spesso abbiamo invece cambiato di logica.
Sembrerebbe molto fragile costruire la casa dei nostri ragionamenti su fondamenta così poco stabili, ma è così. Il nostro cervello non è un hardware con un software che una volta immessi gli stessi dati arriva sempre alla stessa risposta, al contrario può contenere le più disparate informazioni e assemblarle in modo originale ogni volta.
Questo dà a ciascuno di noi, quella straordinaria, bellissima e maledetta caratteristica dell’essere unici e originali.
L’importanza di accettare che non esista una logica assoluta è elevata, infatti il passo successivo è quello di capire che la nostra logica non è la sola e non è la giusta in senso assoluto .
E’ chiaro che qualcuno potrebbe iniziare a sconfortarsi, non riusciamo a trovare una spiegazione certa alle nostre origini, non riusciamo a fissare dei paletti di ragionamento, e allora …?!?
Ciò che dobbiamo abituarci a fare, è ragionare non in modo statico ma dinamico, non dobbiamo cercare una casa piantata nel terreno ma una nave nell’oceano.
Ciascuno di noi ha immagazzinato delle informazioni diverse, dà un valore ad alcune sfere di ragionamento in modo differente, tende a scordare alcune informazioni, ha molteplici e differenti punti di elaborazione sia consci che inconsci , ecc.. , diventa quindi difficile poter pensare a un meccanismo matematico e sicuro di elaborazione.
La logica quindi è in continua evoluzione e cambiamento, ma presa nel momento specifico in cui se ne fa uso, rappresenta il solo e unico mezzo utilizzabile in alternativa al caso .
La logica è speculare al funzionamento del cervello, non a caso è lì che si elaborano i ragionamenti. Si creano interconnessioni che sono vere localmente e che possono essere unite con altre che di volta in volta si presentano, ma che non si fissano in modo veramente definitivo e sono sempre in evoluzione. Questo ci consente di poter avere una flessibilità e adattabilità molto elevata, ma ne va in parte a discapito la stabilità e congruenza nel tempo.
L’accettare il fatto che la logica sia diversa da persona a persona e mutevole nel tempo, ha tra le varie conseguenze la necessaria accettazione e tolleranza verso altre logiche, che se vogliamo subito tradurre in “scienza sociale”, vuole dire anche libertà individuale, rispetto degli altri e democrazia ( nonostante tutte le limitazioni che possa avere quest’ultima).
Le correlazioni logiche che si creano all’interno del cervello non sono tutte legate tra di loro come potrebbe esserlo una catena infinita, sono invece più simili a differenti spezzoni di catena dove varie maglie sono unite tra di loro. Altrove vi sono altri spezzoni di catena che possono contenere anche elementi già presenti in altri spezzoni ed elementi “nuovi”. Il legame logico non è continuo, alcune menti superiori riescono a legare molti elementi tra di loro ed a costruirsi una logica complessa e congruente, altri riescono solo ad unire pochi elementi e spesso in modo differente di volta in volta.
Facendo questi ragionamenti, mi sorprendo quando penso che nelle scuole non si insegna alcuna tecnica per poter ricercare e migliorare la capacità di interconnessione logica degli elementi. Si vuole riempire il cervello presupponendo che questo funzioni “ab origine” già bene. Ma quanto siamo vanitosi !?
Passiamo ora ad alcune riflessioni di e su Kant connesse a questo argomento.
Per Kant non esiste una ragion pura, ma una ragion pratica dettata dal ragionamento. Kant arriva a concludere che l'etica non è fondabile razionalmente ma che è un imperativo categorico che ogni io deve darsi liberamente …e fino a questo punto sono d’accordo, ma poi … le regole etiche ed estetiche sono le stesse in ogni individuo ed egualmente la loro applicazione: qualunque individuo purché razionale, nella stessa situazione, avrebbe fatto la stessa cosa e considerato bella una certa opera… e su questo non concordo. Nel cervello non esistono ragionamenti complessi innati che prescindono dalla cultura acquisita post nascita, quindi, a parte una tendenza alla logica legata al come il cervello è fisicamente strutturato e funziona, non ritengo che con gli stessi input qualunque individuo razionale arrivi alle stesse conclusioni. Il concetto di Kant può riavvicinarsi al vero se aggiungiamo a “qualunque individuo purché razionale” … e con la stessa formazione logica razionale …” avrebbe fatto la stessa cosa …”.
Molti sforzi verso l’individuazione di una ragione assoluta sono sotto un certo punto di vista un tentativo di evitare un sistema di decisione democratico, ossia a maggioranza .
Nei secoli scorsi, e anche attualmente è stato fatto un notevole sforzo per trovare nelle origini dell’uomo una logica assoluta che sia incontestabile, sforzo vano se lo consideriamo in senso assoluto, ma molto fruttuoso nella pratica, vediamo ancora oggi come molti centri di potere riescono a direzionare le masse su supposte logiche assolute o naturali.
2.3 MEMORIA ED INTELLIGENZA
Semplificando molto il concetto, la memoria dovrebbe essere la capacità di conservare dati e l’intelligenza la capacità di metterli assieme eventualmente in modo originale creando una nuova entità o collegamento.
Il cervello è organizzato in modo da avere sia parti dedicate all’elaborazione che parti dedicate alla memorizzazione, quando nasciamo abbiamo in pratica già un apparato in grado di elaborare e un bello spazio “libero” dove poter memorizzare i dati. Non è ancora completamente noto come avvenga l’elaborazione dei dati e nemmeno tutti i risvolti della memoria, è però, a mio parere, evidente come la parte di apprendimento la faccia da padrone in tutto questo processo. Sotto questo punto di vista ci si potrebbe paragonare a un computer che ha tutte le possibilità di elaborare e memorizzare dati e informazioni, ma se non vi si caricano programmi e dati, il tutto rimane vuoto, una potenzialità latente.
Personalmente attribuisco molta importanza all’apprendimento, alla cultura e quindi alla memoria in particolare. E’ sicuramente vero che tutte le parti del cervello interagiscono tra loro in modo continuato ed evolutivo, quindi la memoria è influenzata dai processi elaborativi e viceversa, ma l’apprendimento sia di informazioni che di logiche evolute di elaborazione è la parte che ritengo più importante in prospettiva di una visione dell’uomo come entità in grado di evolversi e adattarsi sia a nuove situazioni fisiche che mentali.
Il fatto che anche quello che noi spesso consideriamo intelligenza è in realtà cultura acquisita, quindi memoria, non deve essere considerato di “qualità” inferiore, ma anzi è una bella opportunità per quasi tutti di poter raggiungere grandi livelli intellettivi anche se non dotati di un buonissimo motore elaborativo.
Le dimensioni e caratteristiche di elaborazione del cervello umano negli ultimi 200 millenni sono cambiate pochissimo, la sua cultura moltissimo, se osservassimo uno dei primi uomini sulla terra potremmo pensare che egli sia stato molto meno intelligente di quelli che osserviamo oggigiorno, in realtà la differenza è nella cultura, quindi alla fine ritengo logico di affermare che la differenza tra cultura ed intelligenza è molto lieve.
Non è un caso che nella misura del quoziente d’intelligenza , una volta risposto alle domande, per attribuire il punteggio si debba parametrizzare le risposte all’età della persona rispondente.
E’ bellissimo vedere un bambino che crescendo riempie la sua testa di dati e di ragionamenti, una materia vergine che lentamente viene scolpita, piccoli rivoli di semplici pensieri che domani diverranno fiumi di idee complesse.
Quando più avanti nel libro affermerò che per me la cultura è tutto, mi intenderò proprio il fatto che solamente una cultura appropriata ci consente di distaccarci dall’animale che è in noi, solamente l’acquisizione di un quantitativo importante di informazioni ci dà la possibilità di andare oltre i limiti dei nostri ancestrali antenati.
Il fatto che nel cervello non vi siano posizioni dettagliatamente definite dove memorizzare e unire i dati, anche se c’è un certo grado di specializzazione, è probabilmente una delle cause per le quali si arriva a reazioni-risposte diverse a fronte di uno stesso input.
Anche l’illogicità di comportamento delle persone potrebbe forse in parte essere spiegata in questo modo.
Se, infatti, pensiamo al fatto che i nostri pensieri, di volta in volta, possano prendere un cammino diverso all’interno del cervello, non sembra difficile pensare che le risposte a certi input siano, di volta in volta, parzialmente o totalmente differenti e che alcune risposte date dallo stesso individuo non siano collegate logicamente ad altre precedenti o successive dello stesso individuo.
Nel cervello non si prende sempre la stessa strada e non si compie sempre lo stesso processo intellettivo, è quindi normale che, anche a fronte di uno stesso input, si possa arrivare a diversi output.
2.4 CERVELLO E COMPORTAMENTI
Al centro di questo libro c’è l’uomo, quindi è molto importante capire come agisce.
Vi sono varie discipline scientifiche che studiano il comportamento umano, da quelle che concentrano i propri studi sul funzionamento del cervello in se stesso a quelle che si concentrano sull’output, ossia sul comportamento finale stesso.
E’ chiaro che è estremamente interessante sapere come funziona il cervello, quindi è importante il lavoro svolto dagli psicologi cognitivi e dalle neuroscienze. Il risultato dei nostri ragionamenti non può prescindere dal funzionamento dell’hardware che li elabora.
Non meno importanti sono gli studi che si concentrano sul solo risultato, il comportamento .
La psicologia, ha appunto, lo scopo di studiare il comportamento degli individui nei loro processi mentali.
Il fatto che ciascuno di noi sia diverso nell’hardware, nel software e nei dati memorizzati fa sì che, alla fine, ciascuno di noi sia diverso nei propri ragionamenti; non solo, abbiamo visto nel paragrafo precedente, che spesso siamo diversi anche verso noi stessi.
Personalmente, considero questa diversità tra individui un aspetto positivo, visto che l’alternativa sarebbe quella che fossimo tutti uguali come tanti computer dello stesso modello, ma comporta chiare difficoltà in altri ambiti. In particolare, nel momento della vita in comune delle genti sorge la necessità di individuare regole comportamentali uniformi.
E’, comunque, importante capire che, anche tenendo conto dei risvolti sociali, idealmente, non si dovrebbe cercare l’uniformità di pensiero, ma il rispetto e tolleranza da e verso gli altri .
La diversità è un dato di fatto e anche un bene.
La situazione ideale quindi potrebbe essere quella in cui ciascuna persona, mediante una corretta cultura, fosse messa in grado di effettuare i propri ragionamenti, poi, proprio grazie alla propria intelligenza, cultura e tolleranza, riuscirebbe a mediare i suoi obiettivi con quelli degli altri individui.
E’ chiaro che, se uno degli elementi appena accennati viene a mancare, le possibili alternative, meno belle ma che possono garantire una stabilità sociale, diventano: l’uniformazione della cultura, il fatto che le decisioni vengano prese non da tutti e la coercizione.
Il cervello ha una struttura di base abbastanza semplice, poi utilizzando questi componenti di base riesce a realizzare parecchie funzioni. Si può intravedere un certo parallelismo con la materia stessa, anzi, se andiamo a ritroso nella ricerca dei materiali di base del cervello, non possiamo che trovarvi della semplice materia.
All’interno del cervello avvengono sia funzioni consce che funzioni inconsce, in effetti le cose delle quali siamo consci sono solo quelle sulle quali sta lavorando la memoria di lavoro. E’ come se lo specchio di casa fosse solo in una certa stanza, ma non in tutte, in particolare si trovasse in quella dove c’è la luce.
E’ chiaro che il fatto che il nostro cervello compia elaborazioni per le quali noi non prendiamo decisioni consce ha svantaggi, ma anche vantaggi. Se, infatti, è vero che, evitando di compiere tutte le volte un ragionamento complesso, ci si alleggerisce di carico di lavoro, d’altra parte subire certi tipi di ragionamento ai quali non partecipiamo veramente, o comunque non ne siamo consci, ci toglie parte del controllo sulle nostre azioni .
Tutti noi abbiamo vissuto esperienze nelle quali il comando delle operazioni è stato preso dalla nostra parte inconscia e che, alla fine, ha agito in modo diverso da come avremmo voluto se la gestione fosse stata fatta dalla parte cosciente. Si pensi, per esempio, agli attacchi d’ira.
Ma è anche vero che parecchie attività indispensabili alla vita vengono compiute egregiamente dalla parte inconscia del nostro cervello. Si pensi a quelle che comunemente vengono attribuite al così detto “spirito di sopravvivenza”.
Le nostre funzioni inconsce sono spesso quelle più legate alla nostra parte di animalità, quindi, sotto un certo punto di vista, potremmo pensare che siano di qualità inferiore, in realtà, oltre a consentirci di vivere, ci consentono anche tutta una serie di emozioni. In altri termini, nell’evoluzione dell’uomo vi sono parti che sono maggiormente connesse con la propria “base” di solo animale, ma non per questo sono inutili o tantomeno da disprezzare, sono alcuni dei componenti di un intero che ha senso proprio nel suo insieme e che alla fine può sopravvivere anche senza la parte culturale successiva, mentre, probabilmente, non potrebbe farlo se vi lasciassimo solo quest’ultima. Le nostre emozioni più brutte, ma anche quelle più belle, si appoggiano su una struttura mentale che ha base animale, nonostante si possa aggiungere cultura e logica a piacimento, mi sembrerebbe un errore madornale pensare di annullarne il motore primordiale di base.
Vari psicologi hanno cercato di individuare nella parte inconscia dell’uomo una sedimentazione di ragionamenti, paure od avversioni createsi soprattutto durante la fase iniziale della vita, a mio parere, la cosa sembra sensata.
Vediamo, quindi, che potremmo parlare di due tipi di razio umana: una prima legata ai ragionamenti consci sui quali spesso ci sentiamo di aver compiuto lo sforzo massimo di elaborazione, e una seconda dove un qualche tipo di ragionamento deve pur esservi, ma sulla quale, non essendo conscia, non riusciamo a darne un vero e proprio giudizio.
E’ chiaro che, nonostante ci possa essere stato un elevato impegno, anche nei ragionamenti consci non c’è garanzia di risultato positivo, ma, comunque, possiamo dire che sono il massimo potenzialmente ottenibile in base alle nostre capacità mentali, la nostra cultura ed il tempo dedicatovi.
E’ altrettanto evidente che i ragionamenti inconsci non sono, a loro volta sbagliati, a priori, anzi, come abbiamo visto, da un lato si tratta spesso di capacità elaborative utilissime alla sopravvivenza derivanti dal nostro essere animali, ma anche la sedimentazione di ragionamenti o avversioni vissute in tempi precedenti, quindi non possono essere definite negative di per sé. E’ chiaro che alcune esperienze vissute in giovane età possono marcare i nostri comportamenti e definire il nostro carattere per tutta la vita, ma tali caratteristiche possono essere sia positive che negative. In particolare, per quelle che alla fine consideriamo negative, sarebbe bello e opportuno che mediante il ragionamento conscio, le si potesse rimodellare, ma questo non è sempre facile o possibile. E’ anche vero che per alcuni ragionamenti o reazioni più animalesche che il nostro cervello fa, ne desidereremmo avere un maggiore controllo, ma è altrettanto vero che, essendo alla base del nostro meccanismo animale, non sono veramente gestibili, ne possiamo però spesso controllare l’output comportamentale.
Ritornando per un attimo alla meccanica del funzionamento del cervello, vediamo che tale comprensione ci aiuterà molto a capire meglio i nostri ragionamenti e i nostri comportamenti, questo, però, non ci deve far pensare che un giorno scoprendo tale meccanica di funzionamento avremo trovato una chiave di definizione della logica umana, piuttosto, avremo compreso una chiave di interpretazione della meccanica di funzionamento della stessa.
Ricordiamoci, peraltro, che siamo animali che stanno evolvendo i propri pensieri, capire la meccanica di funzionamento del cervello non ci dirà di certo cosa è bene decidere per il nostro futuro, ricordandoci comunque anche che forse l’unica cosa importante è un “intorno” del presente più che un lontano futuro o passato.
Come abbiamo visto, il cervello umano è fondamentalmente un contenitore vuoto che può essere riempito, la parte importante è proprio quest’ultima, quindi le esperienze e la cultura, e ,lasciatemi dire, solo in seconda analisi, il funzionamento fisico.
E chiaro che l’uno non può prescindere dall’altro, ma un cervello vuoto è un bel pezzo di hardware utile per la vita fisica e animalesca, una mente piena consente da un lato di poter sfruttare al meglio il meccanismo animale che è in noi, e dall’altro di spingere il pensiero nelle sue forme più elevate o elaborate che dir si voglia.
In ogni vita umana si compie un bellissimo, ma per alcune parti difficilmente reversibile, processo di formazione del cervello. La parte iniziale ha una grande importanza su quello che verrà successivamente, l’intensità, profondità e qualità del lavoro farà la differenza.
Nella prima fase di formazione i rischi di creare danni, che risiederanno poi nella parte inconscia del cervello, sono elevati, ma diventa estremamente difficile riuscire a capire quali esperienze potranno essere positivamente formative oppure negativamente limitative . In quella fase, il cervello è così malleabile ed è così poco deterministico, che diventa quasi impossibile evitare qualunque tipo di “danno”.
In una seconda fase assume molta più importanza la fase culturale vera e propria, è da questo momento in poi che più che le esperienze valgono le informazioni. Il carattere sarà già piuttosto definito sia per questioni innate che per esperienze iniziali, ma la cultura sarà invece in buona parte da acquisire.
In base a quello che abbiamo detto, la formazione del cervello può anche essere vista come l’accensione di un fiammifero, l’esperienza di provare certe fortissime emozioni giovanili potrà essere fatta una sola volta, “buona la prima !”. Di primo amore ce n’è solo uno, bello o brutto che sia.
Secondo alcune teorie, nel cervello non facciamo che scoprire cose, ma molto spesso prima di scoprirle le dobbiamo creare. E’ come se creassimo un pacco regalo che poi un giorno apriamo.
Se, infatti, è vero che vi sono situazioni ed emozioni che sono caratteristiche dell’uomo in quanto animale evoluto, ve ne sono altre che sono legate al nostro sviluppo culturale. Certi tipi di pensieri ed emozioni se non abbiamo un background di precedenti pensieri, non siamo in grado né di averli né di interpretarli. E non è dato a tutti provarli.
Un uomo sapiens che non fosse introdotto all’interno di una collettività non proverebbe cordoglio per la morte di un suo simile, non sarebbe malinconico nel vedere soffrire un bimbo malato di AIDS, non passerebbe tutta la sua vita a rimpiangere la fine di un rapporto amoroso con la propria compagna, o, almeno, non proverebbe tutti questi sentimenti nella stessa misura, intensità e forma nelle quali li prova una persona civilizzata di oggi.
Se è vero che noi siamo il frutto di una evoluzione fondamentalmente intellettiva di altri animali, il “crescendo” dell’intelletto che oggi è legato in buona parte a una vita sociale e civilizzata, ci dà sempre maggiori possibilità e varianti di sfruttamento delle potenzialità del cervello.
E’ vero che tutti i nostri pensieri e sentimenti sono probabilmente riconducibili ad alcune grandi famiglie che sono, in linea di massima, già presenti anche in altri mammiferi, ma è anche vero che all’interno di questo range di base noi possiamo definirne nuovi e di intensità molto diversa.
Dentro il cervello si elaborano numerosi pensieri, ma, poi, solo alcuni diventano azioni e comportamenti, se infatti tutti noi facciamo i più disparati pensieri, irrealizzabili e alcune volte immorali anche per il nostro giudizio, solo una parte di essi viene poi realizzata o, comunque, induce qualche comportamento esterno.
Il pensiero è probabilmente la zona dove la libertà è massima, qualunque tipo di cosa può essere pensata e, sotto un certo punto di vista, anche per quelli che poi giudichiamo negativi, non dobbiamo vergognarcene, infatti il pensiero stesso ha una meccanica e sequenza mediante la quale prima dovrà essere elaborato poi, successivamente, giudicato, pensare il contrario è come se volessimo giudicare un film prima di vederlo: impossibile !
Quindi, pensare liberamente alle più svariate cose non è solo un esercizio della nostra libertà, ma è anche il naturale risvolto del nostro meccanismo mentale.
Il pensiero e il giudizio del pensiero sono due parti separate.
E’ chiaro che se facciamo numerosi pensieri, che ai più possono risultare negativi o censurabili e riteniamo che quello che pensiamo sia corretto, allora ci troviamo in conflitto con la maggior parte delle persone e rischiamo di avere comportamenti esterni che possono, a loro volta, essere in conflitto con le altre persone.
Chi ha numerosi pensieri “negativi” , come per esempio potrebbe esserlo quello di pensare di uccidere altre persone, ha una forte potenzialità di arrivare ad avere comportamenti negativi, se, infatti, è vero che la produzione dei pensieri è, per sua natura, molto libera, è anche vero che una elevata produzione di pensieri “negativi”, fa pensare a una mente propensa alla negatività, in altri termini, una mente “non negativa” normalmente istrada la produzione di pensieri all’interno di un corridoio già discretamente limitato. E’ come se, a forza di giudicare negativo un certo pensiero, dopo un poco la mente smetta addirittura di proporlo al giudizio. Propone molte idee e opzioni ma già autolimitate.
E’ quindi vero che, in fondo, se non c’è un comportamento negativo come output non ci sono motivi per ritenere negativi certi tipi di pensieri, ma è anche vero che, sequenzialmente, prima viene il pensiero poi l’azione, e che se il pensiero produce solo o, comunque, molti pensieri negativi, allora vi sono buone probabilità che vi siano poi comportamenti negativi. Il “controllo qualità” seleziona solo ciò che esce dalle linee produttive.
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