venerdì 30 novembre 2007

Cristalli

Estratto dall'opera Cristalli
di Monica Valentini


Il vento forte fece alzare le foglie secche, raccolte ai piedi degli alberi, in mulinelli gialli, verdi e marroni, per poi farle ricadere piroettando in mezzo alla strada.
Nel quartiere più povero e malfamato della città, vicino ad un sacco di rifiuti, un cane ed un gatto si stavano fronteggiando per accaparrarsi un pezzo di carne putrefatta. Entrambi ridotti a pelle ed ossa, si studiavano guardinghi per scovare un punto debole nell'avversario, prima di scontrarsi ed uscirne vinto o vincitore: il perdente avrebbe rinunciato al magro pasto e molto probabilmente non sarebbe arrivato fino a sera. Ed una volta morto, sarebbe diventato a sua volta pasto per altri animali selvatici.
Un gruppo di bambini stava giocando ai banditi in mezzo alla strada, vestiti di stracci, noncuranti del freddo che gelava le ossa, ripetendo scene di film ed immedesimandosi nel personaggio e se c'era da fare a pugni non si tiravano indietro, picchiandosi a sangue. Era un modo come un altro per dimenticare la fame.
In quel quartiere la polizia se ne stava appostata ad ogni incrocio, in ogni via, perché quello era il regno della delinquenza, della malavita, della degradazione umana.
Il ragazzo chinò la testa alla vista di una pattuglia ed imprecò sommessamente. Per un attimo pensò di cambiare strada e di eluderla come aveva fatto con una precedente, ma era stanco e voleva tornare a casa. Uno dei tre poliziotti di ronda, armato di manganello, con il giubbotto antiproiettile ed il casco in testa, gli si avvicinò e lo fermò.
-Ehi, Mohican. Dove te ne vai in giro con quella fottuta aria da colpevole? Cos'hai combinato?-
L'interpellato fissò i propri occhi in quelli del poliziotto e sorrise con sarcasmo.
-Passeggio. E' forse vietato?-
L'altro serrò le labbra ed alzò il manganello, portandolo sotto il mento del ragazzo.
-Vedi di non farmi girare i coglioni, o ti darò una ripassata che non scorderai per tutta la tua vita di merda!- sibilò tra i denti.
Lo guardò con disprezzo, quindi gli indicò la macchina.
Con aria strafottente, Mohican poggiò le mani sulla volante ed allargò le gambe per la perquisizione. Dentro di sé sorrise divertito, ripensando a quando aveva lasciato i suoi coltelli a Josh prima di seguire la ragazza. Sapeva che sarebbe andata a finire in quel modo: di giorno non si poteva girare per strada senza venire fermati ad ogni incrocio, ma di notte... Di notte sapevano come eludere le pattuglie: le tenebre erano il loro regno.
-E così non hai un cazzo di niente addosso, eh?-
Mohican si girò e sorrise con aria serafica, alzando le spalle e replicando:
-Quello ce l'ho e l'hai anche tastato bene.-
L'uomo impallidì e con stizza soppesò il manganello, sentendo una folle rabbia omicida invadergli il corpo, fino ad ottenebrargli la mente.
-Vattene, stronzo, o giuro che...-
-Che mi ammazzi?- finì per lui, sogghignando. -Via, O'Keeffe, l'hai ripetuto tante di quelle volte che mi ci sono abituato. Se tu avessi sempre accompagnato i fatti alle minacce, il cimitero ora sarebbe pieno solo del mio cadavere! Ci vediamo, sbirro!-
-Maledetto bastardo figlio di puttana!- imprecò con stizza.
Ma prima che potesse avventarglisi contro, uno dei suoi colleghi lo trattenne e cercò di calmarlo. Mohican lo fissò gelido, quindi, con passo sostenuto, riprese il cammino, alzando il bavero del giubbotto dove, sulla schiena, spiccava l’effigie di un lupo.
Alle spalle di un palazzo di sei piani prendeva il via una serie di case abbandonate, fatiscenti, con i muri infiorati da disegni e frasi oscene ed a contatto con queste un grande prato senza alberi, anch'esso lasciato in abbandono. E lì, nell'ultima casa a ridosso del prato, c'era il covo dei Wölfe.
Mohican vi si diresse con passo sicuro ed il volto sorridente, immaginando la faccia di Siegfried alla buona notizia. Entrò in casa e si diresse immediatamente alla botola nascosta che conduceva ad un bunker sotterraneo.
Come iniziò a scendere le scale, undici teste si voltarono contemporaneamente a guardarlo e, dove un attimo prima aveva regnato la confusione più assordante, calò un improvviso silenzio.
I dodici componenti dei Wölfe erano tutti ragazzi tra i diciotto ed i ventitre anni, a parte due, tra cui Josh il loro capo, che si avvicinavano alla trentina. Tra tutte le bande di teppisti che infestavano il quartiere, i Wölfe erano considerati i più efferati ed i più cinici. Il loro nome incuteva timore a tutti, anche al più recidivo dei delinquenti ed essendo il gruppo dominante, venivano odiati e rispettati con freddezza. Da tempo, ormai, esercitavano il dominio su tutti gli altri gruppi e se capitava che qualcuno avesse delle noie da parte di questi, si rivolgeva a loro per ottenere protezione o vendetta.
Il loro potere era totale: per arrivare ad essere i capi indiscussi del quartiere avevano dovuto lottare contro tutte le bande rivali e vincerle ed ora, giunti sul gradino più alto, se ne stavano relativamente quieti, dominando dall'alto tutte le situazioni. Difficilmente qualche gruppo trovava il coraggio di affrontarli apertamente e se lo facevano, i Wölfe li eliminavano subito, non perdendo l'occasione per cementare la loro superiorità e la loro crudeltà, incutendo maggior timore e soggezione negli altri, tanto da lasciar credere che mai nessuno sarebbe stato in grado di detronizzarli.
Al di sopra di loro c'era solo la malavita organizzata, a carattere mondiale ma, a differenza di questa, che agiva di nascosto operando droga, prostituzione, gioco d’azzardo, armi ed estorsioni, i Wölfe agivano senza celarsi, commettendo le più atroci barbarie anche alla luce del giorno.
I nomi dei dodici componenti erano conosciuti da chiunque, soprattutto dalla polizia, che cercava in ogni modo di poterli incastrare e rinchiudere una volta per tutte in penitenziario. Ed era questo, più della loro crudeltà, che invitava gli altri delinquenti a rispettarli: quello di non essere mai stati fermati ed arrestati. Pareva si divertissero a prendere in giro le autorità, commettendo delitti e furti senza lasciare prove o testimoni che potessero incolparli. Per questo motivo la polizia ce l'aveva a morte con loro.
Gli occhi di Mohican si posarono su tutti, quindi inspirò soddisfatto e sorrise. Afferrò il panino che gli offriva Nik e andò a sedersi vicino a Siegfried, che lo guardava con totale distacco.
-Tieni, Mohican. Hai incontrato gli sbirri?- s’informò Josh porgendogli i due coltelli.
Il ragazzo li prese e se li mise in tasca, poi addentò il panino e rispose:
-Sì, O'Keeffe. Mi ha perquisito.-
Karl, l'altro componente più anziano, sogghignò e andò a stendersi sul divano, mormorando con indifferenza:
-Quel fottuto sbirro ha l'aria troppo bellicosa.-
-Già. Penso sia giunta l'ora di dargli una buona ripassata.- propose Japaner, un giapponese di diciannove anni che portava sempre un paio di occhiali scuri e che, di tanto in tanto, si perdeva in concentrazioni antiche di millenni, a testimonianza che, benché si trovasse in occidente, era pur sempre un orientale che amava gli antichi costumi del suo popolo.
-Sì, ma non lui. Sapete che si è sposato da poco?- esordì Peter con un sorrisetto lascivo che non lasciava spazio all'immaginazione.
I Wölfe sogghignarono divertiti e Stefan si alzò dalla sedia, sbadigliando e spegnendo la canna che teneva in mano.
-Scommetto che la mogliettina è una figa capace di seccarti le palle e sai pure dove abita, vero?- osservò ironico.
Il sorriso di Peter non lasciò dubbi in proposito.
Infine Mohican si alzò e, terminando di mangiare l'ultimo boccone del panino, fece tacere tutti.
-Ok!- esclamò. -Qui al mio fianco c'è qualcuno silenzioso, ma che attende una mia risposta e che mi sta fissando con i suoi occhiacci grigi.-
-Dacci un taglio.- l'ammonì Josh, che ben conosceva il carattere di Siegfried.
-Ok, ok! Ho seguito la ragazza.- iniziò ed osservò tutti i presenti, uno ad uno, rimanendo in silenzio quanto bastava per dare più enfasi alla notizia. -So dove abita.- e sorrise compiaciuto.
Siegfried rimase in silenzio, sondandolo con lo sguardo e bastò solo questo a far desistere Mohican da quel gioco.
-Agli alloggi dell'università.-
-Ti ha visto mentre la seguivi?- s'informò Josh.
-No, Cristo! Non mi faccio fregare come un coglione, io!- esplose punto nell'orgoglio.
Siegfried passò una mano in mezzo ai lunghi capelli biondi e si voltò verso Josh.
C'era di nuovo silenzio nel covo: tutti attendevano la decisione del loro capo. Da quando Laura aveva portato la notizia, Siegfried aveva deciso di andare a riprendersi la sorella ed ora che sapeva dov'era, attendeva solo il consenso di Josh.
Ma questi non accennava a volersi pronunciare. Rimase a lungo a fissarlo, chiedendosi cosa fosse successo all'improvviso. Cristo! Ti ho sempre visto duro e spietato con tutti, sempre pronto a vendicarti nella maniera più crudele per un semplice insulto e ti sei dimostrato sempre inflessibile anche quando noi eravamo tentati a lasciar perdere. Che ti succede ora? Perché vuoi tua sorella?
Terminò di fumare la sigaretta ed alzò le mani in segno di resa. Siegfried non fece un cenno; si limitò ad annuire impercettibilmente.
-Non cantar vittoria troppo presto, Dagr!- l'avvisò Josh con tono sprezzante. -Tua sorella l'accoglieremo come una nostra sorella, ma se solo vedo rincoglionirti lei farà dietro-front, chiaro? Non so che cazzo farmene di frocetti rammolliti!-
Siegfried gli lanciò uno sguardo indifferente e tornò a sedersi sulla sedia, giocherellando con il suo coltello a serramanico, con una calma glaciale.

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