venerdì 30 novembre 2007

L'ombra della ginestra

Estratto dall'opera L'ombra della ginestra
di Monica Valentini

Lothar, Captal e Robert si presentarono alla baronessa Jeanne Lahaute, signora di Bordeaux dal giorno della morte del marito e le consegnarono l’epistola redatta da Edoardo III, nella quale dichiarava che il feudo, da quel momento, veniva ceduto al suo primogenito, il principe di Galles, ma che lei avrebbe potuto, con la supervisione di John Chandos, continuare ad amministrare la terra fino alla maggiore età del figlioletto di due anni.
La donna, giovane ed avvenente, non batté ciglio ed invitò i capitani dell’esercito a comportarsi come se fossero a casa loro ed a partecipare al pranzo che si sarebbe tenuto di lì a poco nel gran salone del castello.
Captal non se lo fece ripetere, affamato ed assetato com’era, ma Lothar e Robert preferirono controllare gli alloggi dei soldati. Così, mentre la maggior parte della città si riuniva intorno al desco, Lothar andò ad ispezionare gli uomini, le stalle ed il posto di guardia sul piombatoio.
Lungo il cammino di ronda riuscì a dare uno sguardo al di là delle mura esterne ed all’orizzonte intravide il lembo di mare che penetrava fino alla città portuale, mentre campi verdi, coltivati a vigneti, girasoli, ulivi, granturco, ortaggi, si alternavano ai campi lasciati a disposizione delle greggi, che pascolavano sotto l’occhio vigile di ragazzi e cani pastori. Vicino ad un gruppo di alberi da frutta sorgeva un borgo di case rurali, dove i contadini tornavano la sera, stanchi ed affamati per godersi un meritato riposo. In mezzo al borgo si notava una locanda, che svettava più alta delle altre abitazioni, quasi a ridosso della strada maestra che conduceva al castello e che sicuramente era meta di viandanti e di beoni. Accanto, si innalzava il campanile della chiesa, dove la gente si radunava ogni mattina prima di andare a lavorare nei campi.
Tutto sommato, Bordeaux non era male, anche se l’odore della salsedine non piaceva molto a Lothar, avvezzo più alle montagne che al mare. Ma forse era solo una questione di abitudine.
Salutò alcuni soldati di ronda ed entrò al posto di guardia. Oltre a due militi che sedevano vicino ad un piccolo tavolino, fu sorpreso di trovare un cavaliere che rideva e beveva allegramente con loro. Appena lo videro entrare, i due soldati si alzarono in piedi, salutandolo con affettazione, mentre il cavaliere rimaneva comodamente seduto, continuando a godersi la sua birra, come a voler sottolineare la sua insofferenza alla presenza di altri soldati.
-Buongiorno, signori.- salutò Lothar con fare benevolo.
I due soldati risposero cordialmente e Lothar si portò davanti al cavaliere, lasciando che la luce proveniente dalle feritoie e dalle candele lo illuminasse. Questi alzò lo sguardo sornione su di lui, ma appena intravide i suoi occhi quasi bianchi, scattò in piedi, facendo rovesciare la sedia sopra la quale era seduto.
-Mio Dio…- sussurrò in italiano, sgranando gli occhi incredulo.
-Ma voi siete…- rispose Lothar in tedesco, anch’egli sorpreso.
Si fissarono a lungo, sotto lo sguardo attonito dei due soldati che non capivano cosa stesse accadendo, pronti comunque a sguainare le spade e fu Ludovico a rompere per primo il silenzio, dicendo in inglese:
-Perdonate, messere, non vi avevo riconosciuto.-
-Voi siete… veneziano, vero?- domandò Lothar in italiano.
Ancor più confuso, Ludovico lo studiò come un animale raro, quindi mormorò:
-Come… Come fate a conoscere la mia lingua? Qui nessuno la parla, solo qualche mercante.-
-Sorpreso?- lo prese in giro. -A quanto pare, anche i cavalieri sanno essere eruditi.-
Ludovico chinò appena la testa, imbarazzato, e rispose:
-Non volevo causarvi offesa e se l’ho fatto ve ne chiedo umilmente il perdono.-
-State tranquillo, ho capito che eravate più che altro sorpreso. Come me, del resto. Ma voi… a Crécy eravate dalla parte francese.-
-Sì, dalla parte sbagliata.- ammise con una smorfia, preferendo dimenticare.
Lothar sorrise ed annuì, tornando a parlare inglese per non offendere i due soldati che erano rimasti all’erta per la reazione di Ludovico.
-Continuate pure, io volevo solo guardarmi intorno. Buona giornata.-
Con un cenno della mano salutò e tornò sul cammino di ronda, mentre Ludovico, afferrati i guanti in maglia, lo seguiva incuriosito. Lothar se ne accorse e si girò a guardarlo, per la prima volta alla luce del sole e con un sorriso chiese:
-Qualcosa non va, messere?-
-Be’… Abbiamo combattuto contro, mi avete gentilmente graziato ed io volevo solo ringraziarvi.-
-L’avete già fatto. Ludovico, vero?-
-Sì. Lothar?-
-Jawhol.-
-E’ stato un onore.- ammise portando la mano sul cuore.
-Anche per me. Non ho dimenticato il vostro gesto durante il combattimento.-
Ludovico ripensò al momento in cui, avendo preso coscienza che Lothar aveva perso la barbuta e si batteva solo coperto dal camaglio, aveva con un gesto tolto anche il proprio elmo per essere alla pari, atto che gli era valsa la stima del Principe Nero e dello stesso Lothar.
-Quando incontro un cavaliere mio pari, so riconoscerlo. Voi mi avete addirittura battuto e non esito a mettere la mia vita al vostro servizio.- rispose Ludovico accennando un inchino.
Lothar esitò un istante, studiando il cavaliere che aveva di fronte come a voler sondare la sua sincerità, quindi gli si avvicinò posando una mano sulla sua spalla e propose:
-Devo ancora mangiare: volete farmi compagnia?-
Gli occhi di Ludovico brillarono e, con un sorriso che avrebbe fatto invidia al sole, annuì e con lui si avviò verso il salone del castello.

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